giovedì 29 aprile 2010

Che genere di linguaggio -Ferrara 09/04/2010

Il 09 Aprile si è svolto a Ferrara un incontro sul linguaggio.
Pubblichiamo l'intervento di Luciana Tufani, promotrice dell'incontro e editrice (www.tufani.net)
tratto da:
profilo FB di Luciana Tufani
gruppo FB "Genere Lingua e politiche linguistiche"


In principio era il verbo di Luciana Tufani

Venerdì 9 aprile si è svolto nella Sala Arengo della residenza municipale di Ferrara un incontro dal titolo Che genere di linguaggio, promosso dal Comitato donne elette del Comune in seguito a una mia richiesta. Pubblico qui di seguito il mio intervento. Quando si affronta l’argomento dell’uso, o meglio il non-uso, del femminile nella lingua italiana, che porta alla cancellazione e svalutazione delle donne, la risposta più frequente, anche da parte di donne impegnate politicamente, è: Ma vi sembra un problema? Ci sono problemi più importanti. Non solo è un problema ma addirittura è il problema, quello da cui derivano tutti gli altri. Se è giusto cercare di risolvere i molti e diversi problemi economici e sociali che ci troviamo a dover affrontare ogni giorno, non bisogna però dimenticare che essi sono delle conseguenze di qualcosa d’altro e che, se non si è consapevoli della causa di cui sono gli effetti e non la si affronta, neppure i problemi si risolveranno mai, anzi si ripresenteranno periodicamente con minore o maggiore urgenza. Per chiarire la mia affermazione avrò bisogno di fare un passo indietro: In principio era il verbo. Già questo dovrebbe far capire quanto la parola sia all’origine di tutto, se poi continuiamo nella citazione - In principio era il verbo (…) e il verbo era dio (…) senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste – vediamo che quando la parola diventa parola di dio, diventa legge. I giochi sono stati fatti, la religione conferma e consolida quello che già da tempo è andato costruendosi. Se sostituiamo logos a verbo, possiamo infatti dire: in principio era il logos. Per la filosofia greca il logos è la fonte degli archetipi sulla cui base il mondo viene modellato. Il verbo “leghein”, da cui deriva il sostantivo “logos”, tra i tanti significati ha quelli di raccontare, enumerare, scegliere, nominare. Nominare è il modo in cui le cose vengono fatte esistere. Esiste ciò che è stato nominato. Ma nominare non è solo fare esistere, è anche ordinare, regolare. E mentre ordinare non a caso significa anche dare ordini, regolare significa anche imporre delle regole. Regole e ordini che servono a controllare. Il controllo è passato attraverso la parola. Il linguaggio, così come si è andato strutturando, è stata una delle forme di controllo di ciò che fa paura. Inizialmente paura di ciò che non si capisce perché inspiegabile o imprevedibile come i fenomeni naturali, da quelli atmosferici alla morte. Forme di controllo delle emozioni e delle paure, per mezzo di qualcosa che desse delle spiegazioni razionali, sono state le varie espressioni della cultura che comprendono la filosofia, la scienza, la religione. Tra ciò che non si capisce e che per questo si teme è incluso il diverso da noi. Un noi che, in una società patriarcale come quella greca e quella ebraica da cui derivano il nostro linguaggio e la nostra cultura, sono i maschi che detengono il potere. Diversi sono gli stranierei e diverse per antonomasia sono le donne. Assoggettate dopo il passaggio al patriarcato, sono temibili perché potrebbero ribellarsi e vanno controllate non solo con la violenza ma con la razionalità della cultura e, se serve, con l’irrazionalità di paure instillate ad arte che sostituiscono quelle paure primitive che si volevano combattere (è successo ferocemente in passato e continua a succedere, con una violenza che in questi ultimi tempi sta diventando sempre più incontrollabile). Con questo velocissimo e sintetico richiamo alle origini, per comodità di esposizione estremamente schematico e semplificato, ho voluto mettere in evidenza quello che ho affermato all’inizio: il linguaggio è alla base dei nostri comportamenti. Se il linguaggio che usiamo non ci nomina, ci cancella. Chi non è nominata non esiste. Il linguaggio che usiamo è stato creato contro di noi, a conferma di ciò ricordo che nelle diverse lingue (quasi tutte) chi regola grammaticalmente è il maschile, il femminile rappresenta l’eccezione. Ancora una volta, la diversità Ma, anche usando questo linguaggio che abbiamo ereditato e che ci hanno imposto, è possibile renderlo meno ostile: 1) Conoscendo a fondo la grammatica italiana e usandola correttamente, il femminile diventa meno assente di quanto non sia nell’uso che per pigrizia o per una scelta politica ben precisa è diventato comune 2) Poiché il linguaggio è un organismo vivo che può modificarsi e modificandosi riflettere o contribuire a creare una società, bisogna cercare di usare e diffondere l’uso di termini che rappresentino il femminile in positivo Per questo ho suggerito alla Commissione delle elette – che ha accolto il mio invito – di promuovere una serie di incontri di sensibilizzazione e di informazione sull’uso di quello che per convenzione chiamiamo linguaggio di genere e che è da anni uno degli obiettivi primari del coordinamento dei Centri di documentazione delle donne appartenenti alla Rete Lilith, di cui il Centro Documentazione Donna di Ferrara fa parte fin dalla sua fondazione, e l’obiettivo del gruppo di politiche e studiose che si è di recente costituito, Genere, lingue e politiche linguistiche, e dell’analoga “causa” su facebook Diffusione del linguaggio di genere. Luciana Tufani

mercoledì 28 aprile 2010

corriere della sera: la lettera del giorno 20/03/2010

Riceviamo e pubblichiamo volentieri: e voi che ne pensate??

La lettera del giorno |Sabato 20 Marzo 2010 (Corriere della Sera)

I MESTIERI AL FEMMINILE E LA SCELTA DELLE DONNE
Anni fa il ministero delle Pari opportunità finanziò uno studio linguistico (che ebbe alla fine il brutto titolo di «Il sessismo nella lingua italiana»), opera di linguisti e studiosi accreditati, che dimostrava come l’italiano ­al pari del tedesco, dico io ­abbia la possibilità di creare le forme femminili per tutte le professioni tradizionalmente maschili e spiegava anche come farlo e quali forme siano da evitare perché ironiche o spregiative: le forme in «essa», per intenderci, a parte dottoressa e professoressa, ormai entrate nell’uso comune. Perciò: la presidente, l’avvocata (ricorda il Salve Regina), la soldata ecc. E anche la ministra, sissignori! L’uso delle forme maschili soprattutto per le cariche importanti mi sembra un tranello per le femministe che confondono la parità di diritti con l’uguaglianza: non siamo uguali, per fortuna! Tant’è vero che tutti dicono «il direttore dell’Unità Concita De Gregorio», ma «la direttrice dell’asilo Mariuccia Carla Rossi». Perché? Perché un direttore di giornale è importante e dunque maschile, mentre dirigere un asilo di poppanti è roba da donne, anzi da donnette?

Luciana Tomelleri

Cara Signora, quando Susanna Agnelli fu eletta al Senato, volle essere chiamata senatore, non senatrice. Quando divenne sottosegretario non volle essere chiamata sottosegretaria. E quando fu invitata a dirigere il ministero degli Affari Esteri nel governo Dini del 1995-1996, volle essere ministro, non ministra. Non ho mai assistito a una seduta del Consiglio comunale di Monte Argentario, ma sono sicuro che se qualcuno l’avesse chiamata sindaca o sindachessa, si sarebbe arrabbiata. La sua scelta mi sembrò giusta per due ragioni. In primo luogo perché i nomi dei mestieri e delle professioni sono diventati in molti casi sostanzialmente neutri. In secondo luogo perché certi adattamenti al femminile mi sono sempre sembrati terribilmente cacofonici. Ma vi è nella sua lettera una osservazione che mi è parsa particolarmente interessante. Mentre alcuni mestieri sono stati sempre definiti con un nome maschile, per altri è stato rapidamente coniato anche un nome femminile. Penso a maestra, professoressa, dottoressa, direttrice, ambasciatrice, presidentessa, studentessa, alunna, commessa, segretaria, cassiera, venditrice, cameriera, cuoca, operatrice, infermiera. Non è impossibile quindi creare per ogni mestiere o professione un nome di genere femminile. Ma questo avviene generalmente soprattutto quando la donna è chiamata a svolgere una funzione «femminile». Finché dirige asili, cura malati, serve a tavola, prepara piatti in cucina, insegna agli allievi di una scuola o sta seduta dietro un registratore di cassa, la donna ha diritto a un appellativo femminile. Finché il femminile definisce il suo statuto di moglie, niente vieta l’uso di ambasciatrice o presidentessa. Ma quando la professione ha tradizioni maschili, gli uomini preferiscono che la loro collega venga chiamata notaio, avvocato, amministratore delegato, prefetto, deputato, senatore. E qualche donna, come abbiamo visto nel caso di Susanna Agnelli, sta al gioco. Evidentemente questo non è giusto. Se la regola vale per alcuni mestieri deve valere anche per gli altri. Ma in ultima analisi, cara Signora, la scelta spetta alle donne, le quali, in questo momento, mi sembrano oscillare fra soluzioni diverse. Per quanto mi riguarda io sono pronto a usare la parola che maggiormente risponde ai loro gusti, anche quando offende il mio orecchio. ©
SERGIO ROMANO

un buon esempio in ospedale

...la domanda sorge spontanea: ma perchè se è così facile non si può fare dovunque??


sabato 3 aprile 2010

'Gonne' nei cartelli stradali di una cittadina Spagnola



A Fuenlabrada un'assessora ha vinto una "piccola/grande" battaglia di civiltà che può essere di esempio e di incoraggiamento per tutte noi:
siamo felicissime di pubblicare l'articolo che racconta questa vittoria.

tratto da: BBC News








'Gonne' nei cartelli stradali di una cittadina Spagnola
BBC News, Fuenlabrada - Lunedì, 4 Dicembre 2006
di Danny Wood

La cittadina di Fuenlabrada, vicina a Madrid, sta facendo nuovi passi avanti nella battaglia per raggiungere la parità tra uomini e donne.

Il consiglio locale sta cambiando la segnaletica stradale della città.

In metà dei segnali stradali in prossimità delle corsie pedonali, quelli che rappresentano una persona che attraversa le strisce, alla figura del pedone è stata aggiunta una gonna e dei capeli lunghi, per simboleggiare la figura di una donna.

Attraversare le strade di Fuenlabrada sarà adesso un'esperienza di parità fra i generi.

"Il fatto che l'immagine di donne appare in una cosa del genere, anche se solo in un cartello stradale, è importante perchè la parità sessuale ha molto a che fare col modo in cui trasmettiamo le informazioni," sostiene Rosalino Guijarro, la consigliera della città a capo di questo progetto.

Una generazione fa la Spagna era una dittatura e uno dei paesi più conservatori d'Europa - una società sciovinista che offriva opportunità limitate alle donne, il cui ruolo principale nella società era quello di trovare un marito e mettere al mondo dei bambini.


Opinioni contrastanti

I tempi sono drammaticamente cambiati e i segnali stradali della città di Fuenlabrada sono un'altra indicazione di questo cambiamento sociale.
Nelle strade di Fenlabrada ci sono però pareri contrastanti.

Alcuni sostengono di non aver mai pensato che le figure nei cartelli stradali rappresentassero necessariamente dei maschi. Ad altri non piace invece l'idea di stereotipare le femmine rappresentandole mentre vestono una gonna.

Ma la maggior parte degli uomini e delle donne sono sorprendentemente positivi riguardo a questo cambiamento.

"Credo sia una cosa buona, e sicuramente aiuta la parità dei sessi," dice Maria Jose.

Dopo aver lanciato un'occhiata di consenso ad un cartello stradale con la figura di una donna, la diciottenne Sayla commenta: "Certo che è una buona idea! Ci sono troppi pantaloni in quei cartelli !"

Ma questa è la Spagna, un tempo casa dell'uomo macho - lo stereotipo del "maschio non corretto" che aspetta che la moglie gli prepari da mangiare e gli stiri le sue camicie. [NdR. magari dopo una giornata di 10 ore di lavoro in miniera...]

Approccio con cautela Domingo, uno spagnolo tarchiato con baffi cespugliosi e una camicia aperta che mette in mostra un petto villoso e una catena d'oro.

Si dichiara molto lieto di questi nuovi segnali stradali, e dice che tutto ciò viene fatto per migliorare la situazione fra uomini e donne.

"Ha tutto a che fare con il rispetto," sostiene l'uomo.


'Cambiamento profondo'

L'ampio consenso con cui i nuovi segnali stradali son stati accolti in una piccola città - anche da parte degli uomini macho- potrebbe essere un segnale di diverso tipo. E' forse la Spagna sul punto di raggiungere una vera parità fra i sessi ?

Come direttrice dell'Istituto Nazionale per le Donne, Rosa Peris ha la responsabilità di suggerire proposte di leggi e progetti per promuovere la parità sessuale.

"Abbiamo avuto due anni e mezzo di profondo cambiamento. Posso dire che non c'è mai stato un tempo durante la nostra moderna democrazia in cui è stato fatto così tanto per promuovere la parità sessuale."

Il Governo ha preparato un'ambiziosa legge per la parità sessuale che punta ad eliminare la discriminazione basata sul genere ad ogni livello della società Spagnola.

Per esempio, obbligando le grosse compagnie private ad iniziare programmi dedicati per aumentare il numero delle donne nel loro staff. E riservando il 40% dei posti in tutti i programmi pubblici di apprendistato alle donne.

C'è già una legge contro la violenza domestica che fa si che le donne che sono vittime di violenza da parte dei compagni maschi abbiano accesso ad un servizio dedicato d'aiuto, e un'assistenza specialistica ad ogni livello governativo.

"Nella battaglia per la parità, sfortunatamente le donne si son sentite molto sole e abbiamo bisogno degli uomini per raggiungere la parità sessuale," ha dichiarato Rosa Peris.


'Donne macho'

Parlando con i giovani uomini, si ha la sensazione che molti di loro siano forti sostenitori della parità sessuale e non si identificano con l'essere dei machi.

Ma Joaquin, un impiegato che lavora a Madrid, dice che non sono solo i maschi, ma anche le femmine, responsabili per l'esistenza di una cultura sciovinista.

"Un sacco di donne boss mettono in mostra un comportamento da 'uomo macho'. Credo che questo significa che il problema non è facile da risolvere. La vera parità sessuale è possibile solo educando i bambini su questi argomenti," dice l'uomo.

La Spagna
può non aver ancora raggiunto la parità sessuale, ma con l'aiuto dei cartelli stradali di Fuenlabrada, potrebbe aver segnalato la strada giusta pe raggiungerla.

[ FONTE: BBC.co.uk ]



Doha - Qatar... è doveroso meditare...



E' difficile commentare questo cartello, vengono in mente un sacco di pensieri contrastanti, tu che ne pensi??

l'enciclopedia scritta da uomini e NON uomini (le donne!!)

tratto dal Sole 24 ore Domenica 14/03/2010

Per il Sole 24 ore includere le donne tra gli uomini non è ancora sufficientemente discriminatorio, preferisce considerarci molto piu' semplicemente "NON UOMINI"... almeno in questo modo diventa palese il vero pensiero di chi scrive, senza false giustificazioni.